Accumoli, Amatrice, Caritas

Francesco e l’esperienza dei campi Caritas: «ho scoperto la bellezza della condivisione»

La scorsa estate, grazie al felice esperimento dei campi estivi organizzati dalla Caritas, 270 persone hanno abitato ad Amatrice risiedendo nei container e prestando servizio presso le attività organizzate dagli operatori Caritas.

L’esperienza, nata dall’incontro tra la richiesta dei volontari – in cerca della possibilità di portare un aiuto concreto sui territori di Amatrice ed Accumoli – e quella della popolazione di non esser lasciata sola, ha prodotto l’incontro tra realtà molto diverse tra loro, ma che sono riuscite a ben conciliarsi e a creare anche forti legami tra coloro che hanno prestato servizio e chi ogni giorno affronta le paure e le incertezze del presente e del prossimo futuro.

Se il terremoto ha portato disgregazione e solitudine, l’esperienza del campo ha riempito di sollievo, almeno per qualche ora, le abitazioni temporanee di molti.

Tra i volontari – che hanno visto alternarsi gruppi di seminaristi, coppie, gente di parrocchia, suore e comunità, c’è Francesco Bertolini, un ragazzo ventiquattrenne appartenente al movimento dei “Focolari”.

Dopo aver sperimentato il campo Caritas nei mesi estivi, ha voluto tornare a dare una mano alla Caritas anche durante le festività natalizie.

«Dopo il campo Caritas vissuto questa estate – spiega – mi sono reso conto che è fondamentale dare continuità sul territorio amatriciano con la propria presenza fisica».

Un esperimento iniziato dal gruppo dei focolarini senza avere particolari aspettative: «solo la promessa di costruire un clima familiare con i giovani e le famiglie del posto, cercando di vivere ogni giornata fino in fondo con ogni persona che ci passava affianco, nonostante le varie situazioni che avevamo lasciato a casa».

Prima di intraprendere l’attività di volontario, Francesco era stato ad Amatrice, oltre al giorno seguente al terremoto, nei primi giorni di marzo 2017.

«A primo impatto, quando sono arrivato, non facevo altro che guardare macerie su macerie… un paese devastato! Poi comprendi che i danni maggiori non erano nelle case crollate, ma nelle famiglie intere che sono rimaste sotto cumuli di macerie».

Una dimensione che si capisce davvero solo «condividendo rapporti con persone del posto».

E da questi rapporti costruiti tra la polvere sollevata dal sisma è nata l’idea di festeggiare capodanno con i ragazzi di Amatrice: «la cosa interessante è stata che oltre ai 7 volontari del campo estivo della Caritas ci sono state altre 15 persone provenienti da varie d’Italia che sono venute per aiutarci ad animare il capodanno, portando ognuno nella propria semplicità una luce di gioia e speranza condivisa».

Un legame creato con il territorio e la comunità di Amatrice che è stato graduale, costruito tassello dopo tassello: «con i ragazzi di Amatrice siamo partiti da 4 persone e dopo 5 mesi e dopo tanta fiducia costruita ci siamo ritrovati in un gruppo di quattordici: insieme abbiamo costruito un clima di unità fin da subito, ed il fatto di coltivare i nostri rapporti ci sta permettendo di vivere liberamente come fratelli e sorelle. Oltre ai ragazzi stiamo tenendo i rapporti vivi con alcune famiglie dove personalmente mi ci sono ritrovato a cena o pranzo, riscoprendo la gioia e la semplicità dello stare insieme. Quel grido “non lasciateci soli” lo fai scomparire dando semplicemente continuità ai rapporti personali e diretti costruiti in questi mesi».

Francesco dopo le prime esperienze ha deciso di tornare ancora ad Amatrice: «mi sono semplicemente reso conto che le persone che ho incontrato in questi mesi non avevano bisogno delle mie parole, quanto della mia presenza».

Previous ArticleNext Article