Il sisma ha colpito anche gli abitanti di Borbona e gli operatori della Caritas non mancano di essere presenti anche in questo territorio. Un impegno quotidiano che offre l’occasione di conoscere le persone e comprendere il loro stato d’animo. A rincuorare, è la mancata distruzione dell’intero paese, a differenza di quanto è accaduto ad Amatrice, ad Accumoli e alle loro frazioni. Ma lo sgomento non manca e le criticità lasciate dal sisma non sono poche, sia a livello materiale che psicologico. Le scosse del terremoto hanno danneggiato gli edifici e cambiato le abitudini.
È in questo contesto che le visite di prossimità hanno condotto gli operatori all’incontro con tre simpatiche signore, tra cui una centenaria. La visita si è svolta nella parte più alta e più antica del paese, sullo sfondo del panorama montano.
Nel raccontare il “loro” terremoto, Maddalena, classe 1935, è la più giovane delle tre, viene presa da una forte emozione nel rievocare quei momenti: «I primi giorni non sono stati poi così brutti, la sera prima preparavo i panni per il giorno successivo, perché dovevo fare una visita ad Amatrice, ma di notte è successo l’inaspettato, Amatrice era distrutta. Insieme agli abitanti di Borbona alta mi sono spostata nella piazza del paese, dove erano tutti riuniti. La notte seguente, fortunatamente, sono stata ospitata, come anche altre persone, nella Rsa: la struttura più sicura in quel momento. Restai lì per la seguente settimana. Quando i tecnici mi hanno rassicurato sull’agibilità dell’edificio sono tornata a casa».
Anche Giuseppina, nata nel 1929, vive a Borbona. Ricorda in particolare le scosse del del 18 gennaio, quando la neve ricopriva il paese: «La notte seguente ho dormito in macchina. Le temperature scendevano intorno ai -18°, tante famiglie sono tornate alla Rsa, ma io decisi di non andare. Per un anno le mie figlie hanno dormito lungo il corridoio di casa per la paura».
In quasi cento anni di vita, la signora Giovanna, classe 1920, ne ha viste tante, ma il terremoto l’ha comunque segnata: «Quella notte ero sola perché i miei figli erano fuori per lavoro. All’inizio non mi sono resa conto di cosa stava succedendo, ma c’è voluto molto poco per capire, Così, nonostante gli acciacchi, sono scesa il più presto possibile in strada. Durante il giorno, la paura mi teneva fuori casa, impegnata in qualche lavoretto, ma non ho mai dormito fuori dalla mia abitazione».
Tre storie semplici e diverse, unite da un messaggio di speranza rivolto all’operatore della Caritas, originario di Amatrice: «Presto si rifaranno le case e le famiglie torneranno unite».