È arrivato dalle scuole cattoliche delle Maestre Pie Venerini un concreto gesto di solidarietà verso le popolazioni terremotate della diocesi di Rieti. In occasione del Venerini Day, celebrato lo scorso 11 maggio dagli istituti italiani che si rifanno al carisma di santa Rosa presso il centro pastorale San Michele Arcangelo di Contigliano, è stato infatti consegnato al vescovo Domenico un assegno con i proventi di una raccolta fondi promossa tra le famiglie degli alunni.
Un modo per contribuire alla ricostruzione che sarà destinato dal vescovo «al costituendo asilo di Amatrice, perché la vera scommessa di questi territori del terremoto è se la gente tornerà e rimarrà». E disporre una struttura a servizio delle famiglie e dei più piccoli può davvero essere un invito alla speranza, a riprendere la vita, a credere nel futuro di quelle terre tanto provate.
Ad essersi mosse per lo scopo sono nove scuole, sparse sul territorio nazionale, rappresentate a Contigliano da più di trecento bambini, altrettanti familiari, e duecento tra suore e insegnati.
I proventi della colletta sono stati consegnati al vescovo Domenico al termine di un breve momento di preghiera, condotto sul brano evangelico del buon Samaritano. «La prossimità non è il semplice stare accanto», ha spiegato mons Pompili: «siamo prossimi se siamo noi che ci muoviamo verso gli altri, non se stiamo fermi».
È qui che si innesta l’importanza di scelte educative come quelle portate avanti dalla Maestre Pie: mandare i figli in queste scuole vuol dire aiutarli a conquistare lo sguardo del Samaritano, «che non solo guarda, ma vede, perché non si limita a dare una mano, ma ci mette del suo».
Secondo il vescovo, infatti, i bambini di oggi «hanno bisogno di essere aiutati su due fronti: capacità di sguardo e di cuore».
«Un conto è guardare, un altro è vedere», ha aggiunto don Domenico, spiegando che «i nostri figli guardano tante cose, ma non sempre riescono a vedere veramente», e che il compito della scuola è quello di «far crescere questo sguardo che vede», coltivando il «cuore», l’ambito delle relazioni, anche per difendere i giovani dal pericolo dell’«anaffettività».
Un’incapacità di aprirsi e tendere la mano verso l’altro che i piccoli alunni delle Maestre Pie e le rispettive famiglie non sembrano soffrire.