In primo piano, Leonessa

Tra san Giuseppe e il terremoto: incontro con padre Carmine

Incontro con padre Carmine Ranieri, frate cappuccino di casa a Leonessa: la sua vocazione, il rapporto con il paese colpito dal terremoto, la spiritualità di San Giuseppe e la vita nel convento, oltre all’impegno come vicario vescovile per la vita consacrata. E la gioia della fede che si legge dagli occhi e dal sorriso

Abruzzese di nascita, leonessano di adozione. Il cappuccino padre Carmine Ranieri è arrivato nel paese reatino solo pochi anni fa, ma è ormai perfettamente integrato nel tessuto sociale e comunitario: «Non ho avuto alcun problema, mi sono sentito accolto benissimo, oltretutto conoscevo già Leonessa, ci venivo spesso e volentieri quando ero frate in formazione, poi ci sono stato dopo il terremoto dell’Aquila, e rientrare in un luogo familiare è stato molto semplice e sereno».

Originario di Paglieta, provincia di Chieti, Carmine Ranieri matura giovanissimo la vocazione alla vita cappuccina. «Un mio insegnante di lettere e storia era un frate cappuccino, ed è stata per me una persona davvero importante, un vero catalizzatore della mia ricerca. Tramite lui ho avuto scambi e incontri con altri giovani frati che all’epoca vivevano a Vasto. Frequentandoli sempre più assiduamente ho vissuto la realtà di Assisi, ho fatto qualche ritiro spirituale e approfondito il loro stile di vita».

Grazie a queste esperienze Carmine capisce qual è la sua strada, e al termine delle superiori frequentate a Lanciano matura la scelta di entrare tra i frati cappuccini d’Abruzzo. Ma deve ancora dirlo alla sua famiglia, che per lui aveva immaginato un futuro totalmente diverso. «Non è stato semplice comunicare la mia decisione in casa, soprattutto a mio padre. Sapevo che non avrebbe capito facilmente, e temevo di deluderlo. È stato risolutivo il fatto di avergli proposto la mia esperienza come una prova da fare, che poteva andare a buon fine oppure no. Partii all’inizio di dicembre e non tornai a casa per le feste natalizie, fu così che compresero che la decisione, da provvisoria, era invece diventata definitiva».

Poi i genitori si resero conto della gioia del figlio in quella scelta: «Il giorno della professione perpetua mio padre mi confessò che non aveva capito granchè, ma se ero felice io, lo era anche lui».
Da allora sono trascorsi quasi ventisei anni, e padre Carmine prosegue appagato per la sua strada, insieme al confratello Orazio, anch’esso abruzzese e anch’esso di casa nel convento di Leonessa: «Con Orazio siamo stati compagni di viaggio all’inizio e ci ritroviamo insieme anche adesso, nel nostro lavoro quotidiano». Oltre all’attività nel convento, i due cappuccini sono anche parroci della comunità leonessana, «abbiamo avuto dei problemi con il terremoto, ma la popolazione di montagna è tenace e non demorde. Certo, ci sono poche prospettive di lavoro per i giovani, per cui come altri paesi anche il nostro è purtroppo soggetto allo spopolamento».

Su tutto e su tutti, a Leonessa, si percepisce sempre lo spirito e la forte devozione per san Giuseppe, che attraversa in maniera trasversale la popolazione, dai giovani ai meno giovani. «San Giuseppe è parte integrante del patrimonio di ogni leonessano, basta partecipare ad una delle novene annuali in suo onore per rendersi conto di chi sia questo personaggio per il paese. Vicino all’altare si muovono bambini che attingono a questa fonte fin dalla più tenera età, come fosse la cosa più naturale del mondo».

Padre Carmine Ranieri ricopre anche un altro incarico per la Diocesi di Rieti, come delegato vescovile per la vita consacrata: «Rientra tra gli impegni che un vescovo non potrebbe ricoprire, per cui lo delega ad alcuni suoi collaboratori. Un incarico che mi è stato affidato nel 2017, poco dopo il mio arrivo, devo dire alquanto inaspettatamente, ma ne sono entusiasta, perchè mi ha aperto un grande spazio di conoscenza e collaborazione».

Una persona di riferimento per i religiosi della Diocesi, incaricata di coordinare l’attività di formazione e di animazione secondo le direttive episcopali. Ma sono tante le attività di cui i cappuccini si occupano nel corso della giornata. «Si inizia naturalmente con la preghiera comune, nella celletta di san Giuseppe all’interno del nostro convento. A seguire ognuno di noi raggiunge il proprio campo di attività, diverso a seconda dei periodi dell’anno. In genere ci si ritrova per pranzo, e nel pomeriggio ci si dedica ai nostri animali, all’orto, agli spazi esterni del convento e naturalmente alle celebrazioni eucaristiche, sempre molto frequentato dai leonessani».

In estate a Leonessa l’ambiente si fa più vivace, complice la bella stagione e il rientro per le ferie dei non residenti, i cappuccini modulano il loro lavoro in base alle diverse esigenze della comunità, «e il da fare si moltiplica». Tra gli appuntamenti dell’estate leonessana, a parte le numerose iniziative popolari che richiedono l’assidua presenza dei cappuccini, la peregrinatio di luglio dell’immagine della Madonna di Fatima che sta già visitando le famiglie, «consisterà di momenti molto intensi per i quali stiamo già lavorando, poi ci sarà anche la settimana di esercizi spirtituali e molte altre cose. Non vi resta che venire a Leonessa».

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