Le avverse condizioni climatiche non hanno fermato una modesta folla di fedeli riunita nella tensostruttura eretta nella località Conche di Amatrice per assistere alla messa che avrebbe dovuto precedere la rievocazione storica della trebbiatura.
L’omelia del vescovo Domenico, giunto sul luogo per partecipare in prima persona alla manifestazione promossa dall’ associazione Amatrice Terra Viva, si è concentrata sul commento di un passo del Vangelo secondo Luca (Lc 11, 1-13), focalizzata sul senso della preghiera.
Lo spunto di riflessione parte da quando i discepoli chiedono a Gesù di insegnare loro a pregare. «In realtà – spiega monsignore – la preghiera non è una questione di cu si debba parlare ma è una questione che si deve sperimentare. A pregare si impara pregando e Gesù consegna la sua preghiera in maniera molto semplice, con due invocazioni (Sia Santificato il Tuo Nome, Venga il Tuo Regno) e tre richieste (pane, perdono e liberazione dalla tentazione). La preghiera del cristiano è semplice e ha una sorta di premessa: tutto poggia sulla parola Padre».
La preghiera è quindi sentirsi figli e sperimentare una vicinanza e un’affettività che consente di sentirci tra le braccia del Padre, in un tempo di evaporazione del Padre, come il nostro. In questo senso ci può aiutare un libro della nostra fanciullezza “Pinocchio” che, spiega Pompili, «non è una favola ma lo storia di un burattino che scopre di essere figlio. Questo percorso è l’esperienza di ciascuno di noi. Quando noi riusciamo a dire Padre a Dio, ci riconosciamo come figli. Mentre ci sperimentiamo figli riscopriamola dimensione della fraternità che è la promessa mancata della nostra modernità».
«Infatti – continua il vescovo – noi siamo nati all’insegna di quelle tre parole magiche libertè, egalitè, fraternitè e non ne abbiamo conseguita nessuna. La dimensione carente è maggiormente la fraternità perche la libertà e la giustizia si tengono insieme solo se c’è la fraternità, che è quella che manca oggi». La preghiera, invece, ci insegna a rapportarci a Dio e al prossimo, alla giustizia, al perdono e alle relazioni. «Io ho la sensazione che il rarefarsi della preghiera sia anche una ragione di questo clima volgare e i incattivito che respiriamo».
Quindi, meno si prega e più diventa insostenibile la convivenza perché la preghiera ha un risvolto molto pratico. La preghiera non è solo sperimentarsi affettivamente dentro le braccia del Padre, non è solo percepire gli altri come dei competitor ma come dei fratelli, la preghiera è anche un modo per allenare il nostro desiderio che rischia di essere, diversamente, formattato dai bisogni più bassi. Dio non ci accontenta perché la preghiera ci fa alzare il livello delle nostre richieste, quando non veniamo accontentati, siamo portati a sublimare le nostre richieste. La preghiera è un modo con cui il nostro cuore non si intorpidisce ma si risveglia innalzato dal desiderio.
Il pensiero finale viene ripreso da un testimone cristiano dei nostri giorni, Bonhoeffer che, nel rapporto tra fede e storia, garantisce che «Dio non sempre esaudisce le nostre richieste ma sempre mantiene le sue promesse» ed è in questa contraddizione che la preghiera cerca di farsi spazio.
Prima di concludere la celebrazione, monsignor Pompili concede la parola a Marco Santori del Gruppo Alce Nero il quale, riferendosi alle condizione atmosferiche, riesce a vederci qualcosa di positivo, sostenendo che «questa pioggia aiuta le nostre patate a crescere!»
Proseguendo, enuncia un pensiero finale asserendo «per noi è stato un momento molto bello preparare questa festa, è bello quando un gruppo si ritrova, è un’occasione per riflettere per come fare meglio ed essere sempre più risposta di questo territorio».
Al termine il vescovo ha rivolto un ringraziamento agli ideatori dell’iniziativa, al vicesindaco, al coro degli Scout, alle suore di Scai, ad Alvaro e a Padre Massimo.