Pic-nic per ripartire, la ricetta post-sisma

Ventuno imprenditori per tornare a sperare. Ventuno storie di vita e d’impresa (tutti agriturismi, b&b o produttori piccoli e medi, c’è anche un birrificio) per tornare a fare del Centro Italia segnato dalle piaghe del terremoto dell’agosto 2016 il motore della ripresa economica di un territorio, anche turistica.

È il collante che ha fatto nascere il consorzio ‘Salaria è’, per recuperare una zona di gran varietà paesaggistica, centro esatto dell’Italia: circa 50 km. dalla punta più a nord, Grisciano e Accumoli, a quella più a sud, Castel Sant’Angelo, e 30 km. dall’area di Amatrice (la più nota) alla punta occidentale di Santa Rufina e Cittaducale, in un’area facilmente raggiungibile da varie regioni. L’idea venuta a queste 21 famiglie – che l’hanno messa al centro del loro primo progetto ‘Alte Terre – La natura su misura’, è semplice ed originale. Si basa su quello che è di per se stesso un simbolo di condivisione e solidarietà: un pic-nic, ma diffuso. «Un format perfetto per un territorio che vanta oltre 600 km. quadrati di incontaminata bellezza – spiega Emidio Gentili, presidente del consorzio e titolare dell’agriturismo ‘Lu Ceppe’, a Cittareale – tra alte vette, straordinarie vallate, borghi, fiumi, cascate e laghi che lasciano i visitatori a bocca aperta».

Queste 21 realtà da oggi sono pronte (anche se non tutte sono ancora agibili, vedi l’albergo diffuso Borgo Retrosi) ad accogliere i visitatori, facendosi promozione a vicenda e mettendo a disposizione soprattutto la voglia di raccontare i segreti di queste terre. Come ogni pic-nic che si rispetti, il Consorzio ha pensato anche ai ‘cestini’ (prezzo medio: dai 5 ai 15 euro). Ci sarà una versione base, con merci di vari produttori, che i turisti potranno poi integrare a loro piacimento e decidere di utilizzare in loco oppure riportare a casa. A supporto di queste aziende c’è un manager agronomo romano, Fabio Brini, che ha fatto partecipare il progetto a un bando 2016 della Regione Lazio per reti d’impresa. «Sono realtà abbastanza eterogenee fra loro – afferma Brini –, ma che hanno capito che solo superando l’individualismo e lavorando spalla a spalla si può fare un salto di qualità. Par-tendo da un ingrediente che è la base: l’orgoglio di far scoprire l’identità delle proprie terre, senza di questo è difficile combinare qualcosa». Un orgoglio che gli eventi dell’estateautunno 2016 hanno finito col rafforzare.

«In realtà – racconta ancora Gentili, col lungo pizzetto che caratterizza il volto – l’idea del consorzio ci era venuta già prima, questa diciamo che è l’evoluzione del disegno originario. Il terremoto ha inciso in forma indelebile sul nostro territorio. C’è stata una perdita turistica secca di almeno il 60%, per fortuna un po’ compensata dalle presenze degli operatori post-sisma. Anche nelle strutture rimaste in piedi, si è lavorato a lungo con tensione. Finito però il momento tutto negativo, il terremoto è stato uno stimolo, è il caso di dire una scossa in più per affermare che ora ce la dobbiamo fare, dobbiamo far conoscere al mondo la nostra genuinità eccezionale».

L’idea è quella di offrire a ognuno una vacanza o anche solo una gita fuori porta personalizzata. Che si sia alla ricerca di un’esperienza gastronomica o di un’escursione sul Gran Sasso o sui monti della Laga, di un giorno di relax in riva al lago di Scandarello e di Paterno o di un giro in moto o di una mattinata tra gli animali, Alte Terre si prefigge di soddisfare appieno qualsiasi esigenza. Scoprendo la possibilità di conoscere da vicino tradizioni come la cultura dei pastori transumanti o l’arte dei cantori-pastori e una cucina che, partendo dalla celebre ‘amatriciana’, fa di questo territorio un unicum conosciuto nel mondo. Operativamente, l’area è stata divisa in 4 sezioni. «E nei mesi a seguire – chiude Gentili – abbiamo in programma una serie di iniziative che vedranno protagonisti anche i 10 Comuni coinvolti: Amatrice, Cittareale, Accumoli, Castel Sant’Angelo, Posta, Cittaducale, Antrodoco, Borbona, Borgo Velino e Micigliano».

Eugenio Fatigante da Avvenire

Un convegno sugli interventi post-sisma svolti dall’Ufficio Tecnico della Diocesi di Rieti

Giovedì 30 maggio presso la Sala dei Cordari di Rieti si è svolto il seminario formativo “La progettazione nasce dalla conoscenza del danno del sisma” tenuto dal docente Massimo Mariani, ingegnere, architetto e componente del Consiglio del Centro Studi Cni.

Un evento che è stato uno delle undici tappe di un viaggio che percorre i luoghi d’Italia colpiti dai principali eventi sismici degli ultimi 110 anni.

Durante l’incontro si è discusso sulle tecniche adottate nel post-sisma per la messa in sicurezza degli edifici e sono stati illustrati i progetti realizzati dall’ufficio tecnico della Diocesi di Rieti in collaborazione con il professor Mariani. I progetti riguardano la chiesa di Sant’Andrea Apostolo in Configno, frazione di Amatrice, la chiesa del Santissimo Salvatore in Belmonte in Sabina e il Santuario di S. Giuseppe da Leonessa.

Le condizioni in cui versavano gli edifici, a seguito degli eventi sismici del 24 agosto e successivi, hanno reso necessario un tempestivo intervento di messa in sicurezza che possa escludere ulteriori danneggiamenti.

La chiesa di Configno ad esempio, al momento post sisma, mostrava danni diffusi, che pregiudicavano notevolmente la capacità strutturale del manufatto: esternamente si potevano osservare espulsione di materiale dalle murature e lesioni diffuse, mentre internamente erano visibili crolli di pareti. A tal proposito l’obiettivo dell’intervento di messa in sicurezza è stato quello di circoscrivere l’edificio e il campanile con un ponteggio, collegato opportunamente alla struttura e cerchiato con funi di acciaio.

Anche per la chiesa di Belmonte in Sabina le condizione post-sisma erano precarie: l’edificio mostrava lesioni diffuse alle murature, sia interne che esterne, lesioni al soffitto a cassettoni sulla navata principale e al controsoffitto delle cappelle laterali. L’intervento principale era volto a evitare crollo di materiale dall’alto e salvaguardare l’incolumità delle persone. Ciò è stato è stato realizzato mediante l’apposizione di una rete in poliestere ancorata alla muratura portante mediante dei telai realizzati con ponteggi.

Per il santuario di San Giuseppe da Leonessa, edificio di valore storico e artistico sia per la sua complessità strutturale sia per la presenza di opere d’arte quali affreschi e dipinti, la situazione post-sisma presentava invece danni diffusi ai diversi elementi costruttivi: la cupola maggiore era interessata da dislocazione di stucchi e ornamenti; gli archi laterali così come la facciata principale e la facciata secondaria presentavano lesioni nelle parti sommitali; in prossimità dell’ingresso secondario erano visibili lesioni alla volta sovrastante mentre il campanile presentava lesioni alla base.

Molteplici gli interventi eseguiti: il primo intervento ha previsto la protezione della teca di San Giuseppe e il sostegno della cupola maggiore mediante una struttura unica opportunamente collegata all’edificio per soddisfare le esigente di protezione e sostegno; il secondo intervento consisteva nella messa in sicurezza della torre campanaria mediante elementi di sostegno interni ed esterni; il terzo intervento prevedeva la messa in sicurezza dell’ingresso secondario mediante una struttura a sostegno della volta in modo da permettere la realizzazione in un percorso secondario, più breve, per accedere all’interno della chiesa in prossimità del santo; il quarto intervento prevedeva la protezione delle lesioni sulla facciata principale mediante l’apposizione di una rete metallica a salvaguardare eventuale distacchi di intonaco.

Altri interventi sono tuttora in fase di progettazione e altri ancora in fase di approvazione.

Ricostruzione: tanti gli interventi sulle chiese terremotate

Basta affacciarsi un attimo nelle stanze della Curia vescovile riservate all’Ufficio Tecnico e a quello per i Beni culturali per capire quanto sia alto il livello di attenzione della diocesi di Rieti per le chiese che ricadono nei territori interessati dai quattro forti terremoti degli scorsi mesi. Sulle scrivanie e sugli schermi dei computer sono costantemente aperti disegni, pratiche, rilievi, disegni, progetti. Perché ogni edificio è importante: come bene in sé, ma soprattutto come luogo della comunità, come bene comune. Un discorso che non vale solo per le mura, ma anche per gli arredi, i paramenti, gli oggetti liturgici, i registri, i libri sacri. Cose spesso acquistate dalle parrocchie grazie alla generosità dei fedeli; memorie che si tramandano di generazione in generazione anche come segno di appartenenza.

Ecco allora che la diocesi di Rieti si muove su un doppio binario: da un lato cercando di recuperare e conservare quanto si trova all’interno delle chiese, dall’altro lavorando alla messa in sicurezza degli edifici. Un lavoro svolto a stretto contatto con il Ministero per i Beni Culturali e le amministrazioni comunali, ma anche “sul campo”, ascoltando i suggerimenti, le segnalazioni, le istanze della popolazione.

E mentre gli oggetti vengono stoccati e catalogati nel deposito individuato dalla diocesi allo scopo, attorno alle chiese crescono impalcature, si muovono imprese, si effettuano interventi di messa in sicurezza, nell’attesa di poter avviare la fase del restauro vero e proprio. Come nel caso della chiesa di Sant’Andrea Apostolo a Configno di Amatrice, sulla quale gli interventi sono quasi conclusi. Situata nel centro dell’abitato della frazione, la chiesa mostra danni e lesioni diffuse in tutto l’edificio, con un parziale crollo all’interno. Di conseguenza è stata disposta un’opera di tirantatura e puntellatura. Un intervento effettuato con un ponteggio collegato opportunamente alla struttura e cerchiato nella parte sommitale con funi d’acciaio. Un lavoro da estendere anche al campanile, che verrà circoscritto con tubi, giunti e fasce in poliestere.

Operazioni al traguardo anche per la chiesa di San Felice a Posta, che ha richiesto una tempestiva messa in sicurezza. L’edificio presentava infatti danni in alcune parti della struttura e soprattutto nella facciata. Durante i sopralluoghi, sono infatti stati rilevati l’incipiente espulsione dei blocchi di pietra del rosone e importanti lesioni nella zona dell’altare laterale di San Felice.
Anche le operazioni sulla chiesa del Santissimo Salvatore a Belmonte sono quasi concluse. I danni all’edificio sono stati evidenziati in alcune parti della struttura, in particolare nelle murature portanti, nel cassettone in copertura della navata della chiesa e nei controsoffitti delle cappelle laterali. Di conseguenza l’intervento disposto dall’Ufficio Tecnico ha visto la realizzazione di un’opera di protezione del soffitto a cassettoni e del controsoffitto della navata laterale. L’intervento nella navata centrale è stato realizzato con strutture a tubi e giunti di sostegno di telai di coronamento, mentre per la protezione della caduta di materiale slegato si poserà una rete in poliestere. Tutte strutture ancorate alla struttura portante dell’edificio.

E mentre i lavori su queste tre chiese vanno verso la consegna, altri progetti, come quello per il santuario di San Giuseppe a Leonessa, sono pronti a partire. Quasi a dire che la ricostruzione per le comunità colpite dal terremoto, in qualche modo, parte proprio dalle chiese.