La veglia di preghiera a Illica: «Serve il lavoro perché si risorga»

«Prima il boato, la terra che trema, il buio, il silenzio, poi le urla. Il tempo passa ma quei momenti e quelle sensazioni sono impresse dentro di noi e non se ne andranno mai.
Sono passati sette anni ma noi siamo ancora qui perché le radici che ci tengono legate a quei luoghi sono più forti di qualsiasi terremoto….perché è a Illica che mi sento a casa.
Il mio pensiero va a tutte le persone che sono lassù e che ci hanno lasciato in quella maledetta notte».
Alessandro affida ai social il pensiero e il ricordo della notte del 24 agosto 2016, quando il terremoto con epicentro nella Valle del Tronto rase completamente al suolo la frazione Illica di Accumoli, e tanti territori vicini, con un impressionante totale di vite perse.

E come ogni anno, nell’anniversario della tragedia, la comunità di Illica si è ritrovata in un grande slargo, tra ruspe, cantieri e ricordi affidati alla notte.

La veglia notturna presieduta dal vescovo monsignor Vito Piccinonna ha ricordato le undici vittime del paese di Accumoli, in silenzio e quasi in punta di piedi, come non si volesse disturbare il ricordo e il raccoglimento. Un momento di preghiera incentrato sul tema del lavoro, perché è il lavoro che occorre, perché si risorga.

È per questo motivo che il parroco don Stanislao Puzio ha allestito un altare fatto di mattoni e caschetti, «perché la gente vuole e deve vedere i cantieri per poter continuare a sperare». Sopra, il Crocifisso, imponente e rassicurante, a donare protezione e speranza.

Certo, all’inestimabile valore delle vittime non può essere paragonato nessun altro valore, ma il terremoto non è solo perdita di vite umane. È anche perdita di valori, di riferimenti, del patrimonio in termini di case, chiese, opere d’arte, preziosi ed unici ricordi della gente. Il terremoto è anche una miniera di sofferenza che non si lascia placare con il passare degli anni. «L’incubo di quella notte e lo smarrimento di quei giorni, infatti, albergano nei cuori delle persone di questo territorio fino ad oggi, e non è facile smaltirli. Non è facile ricostruire la parte psicologica, spirituale e sociale della popolazione», aggiunge il parroco.

«Ci vuole un grande lavoro. Un lavoro sinergico, paziente e purtroppo anche lungo di molte persone e istituzioni affinché la gente che abitava questa terra, già affrontando le proprie fatiche prima del terremoto, ora possa continuare a sperare, ad agire, a sognare, a progettare, a lavorare. Ci vuole un grande lavoro affinché si risorga. Vogliamo essere grati alle persone di buona volontà, alla gente del posto e a quella venuta da tante parti dell’Italia e perfino del mondo a darci una mano. Questa terra pur nella fatica di risorgere comunque ha già visto parecchio sudore sulla fronte degli operai, dei progettisti e di tanti altri che lavorano affinché si possa continuare a vivere qui».

Il lavoro perché si risorga è dunque un auspicio, ma anche una condizione per rinascita e fiducia dopo tanta sofferenza.

Le vittime di Accumoli furono:

GIOVANNI CANESTRARO, ANA HUETE AGUILAR, GIAMPAOLO PACE, SOFIA ROMUALDI, ANDREA TUCCIO, RICCARDO TUCCIO, STEFANO TUCCIO, GRAZIELLA TORRONI, VINICIO VALENTINI, DINA BORDO, ASSUNTA VALERI.

La “Lampada delle Vocazioni” arriva nella zona pastorale Valle del Velino, Monti della Laga e Altopiano Leonessano

Prosegue nella diocesi di Rieti la peregrinatio della “Lampada delle Vocazioni“, voluta dal vescovo Vito fin dal giorno della sua ordinazione: «Siamo chiamati a dare fecondità al nostro vivere anche pregando maggiormente perché ci siano vocazioni al sacerdozio».

Dallo scorso 21 gennaio, a partire dalla Cattedrale, passando poi nella basilica di Sant’Agostino e nella parrocchia di San Michele Arcangelo, la lampada ha toccato via via alcune zone pastorali della diocesi, fermandosi adesso in quella della Valle del Velino, Monti della Laga e Altopiano Leonessano.

«Chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui» (Mc 3,13)

Il calendario

Santa Rufina (dal primo all’8 settembre)

Santa Maria del Popolo in Cittaducale (dall’8 al 15 settembre)

Santa Maria della Porta in Castel Sant’Angelo (dal 15 al 22 settembre)

San Biagio in Canetra (dal 22 al 29 settembre )

San Matteo Apostolo in Borgo Velino (dal 29  settembre al 6 ottobre)

Santa Maria Assunta in Antrodoco (dal 6 al 13 ottobre)

Santa Maria Assunta in Posta (dal 13 al 20 ottobre)

Santa Maria della Neve in Bacugno (dal 20 al 27 ottobre)

Santa Maria Assunta in Cittareale (dal 27 ottobre al 3 novembre)

Santa Croce in Borbona (dal 3 al 10 novembre)

Sant’Agostino in Amatrice (dal 10 al 17 novembre)

Santa Maria del Popolo in Preta (dal 17 al 24 novembre)

San Lorenzo Martire in Flaviano (dal 24 novembre al primo dicembre)

San Giovanni Bosco in Torrita (dal primo all’8 dicembre)

San Martino in Moletano (dall’8 al 15 dicembre)

San Sebastiano in Scai (dal 15 al 22 dicembre)

Santi Pietro Apostolo e Lorenzo Martire in Accumoli (dal 22 al 29 dicembre)

San Giuseppe da Leonessa in Leonessa (dal 9 dicembre al 5 gennaio 2024)

Santi Apostoli Pietro e Paolo in Terzone (dal 5 al 12 gennaio 2024)

 

Sette anni dal sisma, le celebrazioni tenute dal vescovo Vito

Il 24 agosto 2023 saranno trascorsi sette anni dal tragico terremoto che nel 2016 ha devastato i paesi di Accumoli, Amatrice ed Arquata del Tronto.
Nella diocesi di Rieti le vittime fu rono in totale 239, undici ad Accumoli e le restanti 238 ad Amatrice.
Per ricordare le persone scomparse nel tragico evento sismico, queste saranno le celebrazioni presiedute dal vescovo di Rieti monsignor Vito Piccinonna:

Mercoledì 23 agosto alle ore 21, si terrà una veglia di preghiera ad Illica, frazione di Accumoli.
Giovedì 24 agosto alle ore 11, Santa Messa ad Amatrice, presso l’Auditorium della Laga.
Giovedì 24 agosto alle ore 17, la Santa Messa si terrà invece ad Accumoli, sul sagrato della chiesa parrocchiale.

«In punta di piedi in mezzo a voi»: il vescovo Vito saluta gli studenti di Cittareale e Amatrice

Nel contesto delle visite pastorali che sta svolgendo nelle scuole e nei territori della diocesi di Rieti, nella mattinata di martedì 6 giugno il vescovo di Rieti monsignor Vito Piccinonna, ha raggiunto l’Istituto Onnicomprensivo Sergio Marchionne, accolto calorosamente dagli alunni e dai docenti di ogni grado e dal personale amministrativo e dalla dirigente scolastica Annamaria Renzi, dapprima nel plesso di Cittareale per poi raggiungere la sede di Amatrice.

«Vengo in punta di piedi a salutarvi e ringraziarvi per quello che fate»: con queste parole il vescovo ha salutato tutti presenti, esaltando la straordinaria resilienza, che caratterizza la tempra di chi ha preso consapevolmente e responsabilmente la decisione di continuare la propria vita in un territorio che comunemente verrebbe definito di frontiera.

Don Vito ha ricevuto dei piccoli doni da parte dei ragazzi, in un momento intenso e di grande emozione, per poi concludere con un saluto finale, rivolto soprattutto ai maturandi: «Noi tifiamo per voi, tifiamo per i vostri sogni, tifiamo perché i vostri sogni si avverino, ricordatelo sempre».

Le celebrazioni per il sesto anniversario del sisma

Saranno quattro i momenti liturgici presieduti dal vescovo Domenico nel sesto anniversario del sisma del 24 agosto 2016.

Il primo appuntamento sarà martedì 23 agosto alle 21 a Fonte del Campo di Accumoli per un momento di preghiera organizzato dalla parrocchia.

Allo scoccare della mezzanotte ci si ritroverà nel campo sportivo di Amatrice per aspettare insieme le 3.36, orario delle violente scosse sismiche.

L’attesa sarà vissuta in movimento con una fiaccolata che attraverserà alcuni luoghi significativi del paese, per poi fare ritorno al campo sportivo. Qui, al rintocco di un gong, saranno letti i nomi delle vittime del terremoto. La veglia si concluderà davanti al monumento ai caduti.

Sempre presso il campo sportivo di Amatrice, alle ore 11 del 24 agosto, monsignor Pompili presiederà la Santa Messa, che verrà trasmessa in diretta da Rai Uno.

Alle ore 17 dello stesso giorno il vescovo presiederà la celebrazione eucaristica nell’area Sae di Accumoli.

Foto di Myriams-Fotos da Pixabay

Ogni 24 del mese una Messa per ricordare

Giovedì 24 marzo alle ore 18, presso la chiesa di Santa Barbara in Agro nel quartiere Chiesa Nuova di Rieti, sarà celebrata una Santa Messa in suffragio delle vittime del sisma che ha colpito il Centro Italia il 24 agosto 2016.

La celebrazione diverrà un appuntamento fisso di ogni 24 del mese.

«Sarà un modo per ricordare quanti non ci sono più e insieme chiedere al Signore il sostegno per la vita che continua», spiega il parroco don Fabrizio Borrello.

«Non si può cancellare il dolore che provoca l’assenza dei propri cari, ma la memoria può confortare e illuminare il cammino».

Il vescovo alla prima pietra di Casa Futuro: «La rigenerazione passa attraverso questi grandi obiettivi»

«Non basta ricostruire ma è necessario rigenerare questa terra». Lo ha detto il vescovo Domenico Pompili a margine della cerimonia della posa della prima pietra di Casa Futuro, uno dei più impegnativi progetti di ricostruzione privata nelle zone colpite dal terremoto dell’agosto 2016.

La nuova struttura, promossa dalla diocesi di Rieti e dall’Opera nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, sorgerà nell’area del complesso “Padre Giovanni Minozzi”, edificio storico di grande importanza per Amatrice e per tutto il territorio circostante che fin dalla sua nascita, nel 1920, è stato “un luogo di trasmissione del sapere e di accoglienza” grazie alla presenza dei padri della Congregazione Famiglia dei discepoli della Fondazione Don Minozzi.

Per l’esecuzione dei lavori l’Ufficio speciale per la ricostruzione (Usr) del Lazio ha emesso un decreto di contributo di 48 milioni di euro. Per mons. Pompili, «la rigenerazione passa attraverso i grandi obiettivi che Casa Futuro si propone: essere un luogo di accoglienza per giovani; diventare un riferimento per la filiera agroalimentare e dunque un punto di forza economica; essere un luogo di accoglienza per gli anziani; essere un punto di raccolta di servizi amministrativi, facenti capo al Comune, che serviranno a rimettere in moto la macchina dei beni comuni».

Mons. Pompili si è detto convinto che Casa Futuro non diventerà una cattedrale nel deserto «se cerchiamo di continuare ad alimentare quel processo di rigenerazione più ampio di cui Casa Futuro è tassello importante ma non esaustivo. Ciò significa fare in modo che le cosiddette aree interne possano essere rese più facilmente gestibili grazie anche a infrastrutture adeguate».

A tale riguardo il vescovo ha ribadito l’importanza del raddoppio della Salaria e della Ferrovia dei due mari che collegherebbe il Tirreno all’Adriatico, le Marche al Lazio, Ascoli a Roma. Si tratta di opere che favorirebbero «l’accessibilità di questi territori e la loro affidabilità in termini di opportunità di lavoro, di servizi a cominciare dalla salute e dalla scuola. Tutto ciò permetterebbe alle giovani famiglie di poterci restare. Si evitano cattedrali nel deserto se questi territori vengono messi in grado di fuoriuscire dal loro atavico isolamento e diventare spazi agognati per la loro grande qualità della vita e per il rapporto che c’è tra costi e benefici. Viverci sarebbe una scelta e non una congiuntura». In questo senso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) potrebbe essere un’opportunità da cogliere.​

Casa Futuro, si va verso l’apertura dei cantieri

L’Ufficio Speciale per la Ricostruzione del Lazio ha emesso il decreto di contributo per Casa Futuro, il piano di ricostruzione e rifunzionalizzazione dell’Istituto “Padre Giovanni Minozzi” che l’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia e la Diocesi di Rieti intendono realizzare ad Amatrice su progetto dello Studio Boeri.

L’originale Istituto “Padre Giovanni Minozzi”, progettato dell’arch. Foschini, comprende, oltre a una chiesa, numerosi edifici destinati a ospitare, educare e formare al lavoro minori. In seguito allo sciame sismico che ha interessato il centro Italia a partire dal 24 agosto 2016, il complesso ha subito gravissimi danni divenendo inagibile.

Con il progetto Casa Futuro, la Diocesi di Rieti e l’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia intendono recuperare lo spirito originale dell’Istituto attraverso il concetto di “Ecologia Integrale” formulato da Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’. Si andrà dunque a realizzare un luogo che assicuri accoglienza e ospitalità, soprattutto ai giovani, e attività assistenziali, ma anche un centro per la valorizzazione delle risorse del territorio legate alla produzione agroalimentare e un polo culturale per iniziative di studio e formazione.

Il progetto prevede in particolare la realizzazione di quattro corti: la Corte Civica ospiterà funzioni di carattere amministrativo e sociale, oltre a sale polifunzionali attrezzate per differenti attività; la Corte del Silenzio sarà la sede della Casa Madre dell’Opera Nazionale con le residenze dei religiosi, nonché servizi di accoglienza e di ospitalità per opere caritative aperte al pubblico; la Corte delle Arti e dei Mestieri ospiterà prevalentemente aule didattiche, laboratori e spazi per la formazione fortemente improntati sullo sviluppo delle filiere locali; nella Corte dell’Accoglienza troveranno spazio i servizi di ospitalità per i giovani, spazi e sale ricreative, mensa e sale per la formazione aperte al pubblico oltre a un Centro Studi legato alle Comunità Laudato si’. In questa corte è previsto anche il ripristino della funzione del teatro che potrà ospitare eventi e opere teatrali in genere.

L’atto giunge alla conclusione delle procedure di selezione degli esecutori dei lavori: tramite una procedura negoziata la committenza ha affidato il cantiere a un raggruppamento di imprese specializzate nelle diverse lavorazioni necessarie alla realizzazione dell’opera, costituito da Consorzio Stabile Aurora, La Torre Costruzioni, Consorzio Stabile De Medici e Impresit Lavori.

L’apertura dei cantieri avverrà nei prossimi giorni.

Casa Futuro verso l’approvazione del progetto

Si è svolto nella mattina del 7 maggio, nella sede di Amatrice, un importante incontro per la ricostruzione post terremoto. L’appuntamento, convocato dall’Ufficio Speciale Ricostruzione, ha visto la sostanziale conclusione del tavolo di coordinamento avviato lo scorso febbraio per portare a compimento il pluriennale lavoro di progettazione di Casa Futuro, il progetto che la Diocesi di Rieti e l’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia intendono realizzare nell’area del complesso “Don Minozzi”.

Erano invitati all’incontro il vescovo di Rieti, Domenico Pompili; il Commissario Straordinario Ricostruzione Sisma, Giovanni Legnini; don Savino D’Amelio, superiore dell’Opera per il Mezzogiorno d’Italia, proprietaria dell’area; l’Assessore regionale per le Politiche della Ricostruzione, Claudio Di Berardino, l’architetto Stefano Boeri, autore dei progetti di Casa Futuro; l’Amministrazione comunale di Amatrice, rappresentata da Massimo Bufacchi; la Direzione Regionale per le Politiche Abitative e la Pianificazione Territoriale; la Soprintendenza ABAP per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti; l’Azienda Sanitaria Locale di Rieti.

Casa Futuro è uno dei progetti di ricostruzione privata più impegnativi tra quelli resi necessari dal terremoto del 24 agosto 2016. Saranno edificati 18.000 metri quadrati su un’area di cinque ettari di terreno, per un importo complessivo superiore ai 30 milioni di euro. Conclusa la fase progettuale, il cronoprogramma prevede l’avvio dell’iter di approvazione dei progetti da parte degli enti che debbono esprimere un parere. Un percorso per il quale si prevede circa un mese di lavoro, al termine del quale dovrebbe essere approvato il decreto di contributo con il parallelo affidamento dei lavori all’impresa. Subito dopo si procederà all’apertura del cantiere.

«Casa Futuro è la prova tangibile che Amatrice sta provando a rinascere senza lasciarsi fiaccare dalla sfiducia. Grazie a un ripensamento moderno e sostenibile dell’intera area, che offrirà proposte per i giovani, opportunità per la filiera dell’agroalimentare, accoglienza per gli anziani, ospitalità per i servizi amministrativi del Comune. Giunge così a compimento un percorso “carsico” che ha impegnato per almeno tre anni tante persone, a vario titolo, tutte coordinate dall’ufficio diocesano per il Sisma. Ringrazio il Commissario Legnini, l’USR, la Soprintendenza, il Comune di Amatrice e ovviamente lo Studio Boeri per aver condiviso l’opzione che col tempo si rivelerà per quello che è: lo snodo decisivo per rimettere in cammino la comunità dell’Altopiano amatriciano», dichiara il vescovo Domenico.

«Oggi abbiamo presentato una prima idea per la rigenerazione e la ricostruzione del “Don Minozzi”, un edificio storico di grande importanza per Amatrice e per tutto il territorio colpito dal sisma del 2016. Il complesso del “Don Minozzi”, che fin dalla sua nascita nel 1920 è stato un luogo di trasmissione del sapere e di ospitalità, rinasce oggi come una Casa Futuro su ispirazione della Laudato si’ del Pontefice», spiega l’architetto Stefano Boeri, autore del progetto. «L’impianto della nuova Casa Futuro parte dalla costruzione di quattro corti pubbliche e aperte. Una prima corte – quella Civica – dedicata ai beni comuni, alla città e al patrimonio artistico; una seconda – quella del Silenzio – dedicata alla Memoria; una terza – dell’Accoglienza – in cui lavoreranno i giovani, e una quarta – la Corte dei Mestieri – dedicata alla creatività e alle arti applicate. Grazie al dialogo serrato con il vescovo Domenico Pompili e la Curia di Rieti, abbiamo cercato di orientare la nostra architettura secondo i principi della Laudato si’; un testo che promuove l’idea di un’Ecologia integrale rivolta alla biodiversità delle culture – oltre che delle specie viventi – e ci richiama alla nostra responsabilità di costruttori di luoghi e paesaggi sociali di accoglienza e di integrazione».

L’Appennino terremotato deve «tornare a vivere, non solo a sopravvivere»

L’Appennino terremotato deve «tornare a vivere, non solo a sopravvivere», per questo ricostruire significa anche investire su «lavoro, infrastrutture e cultura». Il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, preferisce parlare di rigenerazione e dal nuovo governo si aspetta il necessario impegno «senza ulteriori ritardi».

Dall’ultimo rapporto sulla ricostruzione si nota un’accelerazione importante per la ricostruzione privata. Quale è la situazione nella diocesi di Rieti e in quella di Ascoli Piceno, di cui è amministratore apostolico? Il 2021 sarà l’anno della svolta?

Per quel che riguarda il territorio di Rieti abbiamo un incremento pari al 59% delle domande accolte per la ricostruzione privata; per Ascoli Piceno l’incremento è del 34%. Cresce perciò la capacità della pubblica amministrazione di istruire le pratiche presentate dai cittadini, ma nel contempo sale fortemente anche il numero di pratiche da trattare. In questo senso è interessante notare – nel Rapporto del Commissario 2020 – che il numero degli addetti alla ricostruzione nell’ambito degli enti pubblici è tornato finalmente ad aumentare, passando da 1095 unità nel 2019 a 1277 nel 2020. Alla semplificazione delle procedure introdotte corrisponde, dunque, un ritrovato interesse per la ricostruzione: difficile dire se il 2021 sarà l’anno della svolta, ma di sicuro stiamo assistendo a segnali positivi.

Sul fronte chiese la procedura è stata semplificata, sono stati assegnati finanziamenti per 928 edifici sacri, 100 cantieri sono conclusi. Ma ce ne sono quasi 3mila danneggiati a cui bisogna pensare.

L’impegno chiesto alle diocesi che sono diventate ‘soggetti attuatori’ è notevole ed esige un inedito lavoro di organizzazione per far fronte a una situazione straordinaria. Naturalmente in tutte le diocesi (sono più di una trentina quelle coinvolte, a vario titolo) si sta lavorando perché vengano avviati al più presto i cantieri. Ma evidentemente non accadrà tutto questo con uno ‘schiocco di dita’. L’onere della ricostruzione delle chiese dice due cose: da un lato, si tratta di una responsabilità enorme che cambia il volto delle priorità nella strategia amministrativa di una comunità cristiana. Dall’altro, suggerisce un riconoscimento importante perché lo Stato si fida della Chiesa nel portare a compimento un lavoro sfibrante. Come già toccato con mano per le cosiddette ‘messe in sicurezza’, dove numero e qualità degli interventi delle singole diocesi è stato di gran lunga superiore ad altri soggetti attuatori.

Quali sono le priorità per l’Appennino terremotato, per scongiurare il rischio di ricostruire un territorio in via di spopolamento?

In realtà, l’Appennino è terremotato ben prima del sisma del 2016. Pur essendo la spina dorsale del Paese, infatti, già dai primi del Novecento è andato incontro ad un progressivo spopolamento. Amatrice nel ’700 aveva circa 15mila abitanti, oggi non arriva a 2000 residenti, sparpagliati in decine di frazioni. Le priorità quindi sono tre: infrastrutture, lavoro e cultura. Le infrastrutture sono materiali come le strade e la ferrovia, ma anche immateriali, come in tempi di pandemia ha rivelato lo smart working. Il lavoro va creato da queste parti, facendo leva sulla bellezza e la ricchezza dell’ambiente naturale che dice acqua, verde, salute. Infine, la cultura significa garantire la presenza della scuola senza se e senza ma, lasciando da parte astratte aritmetiche dell’efficienza. Ad Amatrice sorge un istituto onnicomprensivo da far invidia, grazie a Sergio Marchionne. Al suo interno c’è in bella mostra un oggetto-simbolo: il motore della Ferrari. Per dire che è la scuola il motore della vita dei ragazzi. Don Milani diceva che era l’ottavo sacramento.

Basta la semplificazione burocratica e la strategia messa in campo finora per arrivare a quella rigenerazione di cui hanno bisogno questi borghi?

Di sicuro semplificare, velocizzare, concretizzare era ed è una necessità vitale. Dopo quasi 5 anni bisogna cominciare a vedere qualcosa. Ma la rigenerazione è un’operazione più complessa che attiene non solo ai cantieri, ma anche alle coscienze. Bisogna risvegliare la voglia di coinvolgersi da parte dei cittadini, spesso delusi e ormai rassegnati. Occorre vigilare perché la macchina statale a tutti i livelli sia efficiente e messa in grado di lavorare. Infine, si richiede un’attenzione di lungo periodo per far sì che queste terre tornino a vivere e non solo a sopravvivere.

Cosa le chiedono le persone che vivono in questi territori?

Di tornare a casa. Specialmente gli anziani si interrogano sul tempo a disposizione. Si chiedono se ce la faranno a rivedere la loro abitazione spesso frutto dei sacrifici di una vita.

Cosa si aspetta dal nuovo governo?

Che dia seguito e sostenga l’impegno del Commissario Legnini, che non mi pare voglia essere un semplice ‘notaio’ della ricostruzione. È il governo però quello che decide i tempi, oltre che le risorse. Questo ci si aspetta, senza ulteriori ritardi.

(di Alessia Guerrieri, da «Avvenire» di domenica 7 marzo 2021)