Celebrato il 79 esimo anniversario degli eccidi

Il 7 aprile 1944, cinquantuno civili furono uccisi a Leonessa dai reparti tedeschi per rappresaglia.

Anche quest’anno la cittadina ha ricordato il tragico evento con una commemorazione organizzata dal Comune di Leonessa.

In collaborazione con la parrocchia è stata coinvolta tutta la cittadinanza in un corteo partito dal sagrato della chiesa di San Francesco, con arrivo fino al monumento ai caduti, dove si è svolto un momento di preghiera e raccoglimento per le vittime e la deposizione di una corona d’alloro.

Oltre ai cittadini, alla cerimonia hanno partecipato, invitati dall’Amministrazione Comunale, il battaglione trasmissioni “Leonessa”, i Carabinieri, la Guardia di Finanza, gli Alpini, le associazioni Anfim, Anpi e Anpc, il Prefetto di Rieti Gennaro Capo, il Questore Vicario di Rieti, Andrea Vitalone, il Presidente dell’ottavo municipio di Roma Amedeo Ciaccheri, l’assessore regionale Manuela Rinaldi e il questore della Camera dei Deputati, onorevole Paolo Trancassini.

Scai di Amatrice ricorda la Medaglia d’Oro Gerardo Catena

Domenica 4 settembre 2022, nella frazione Scai di Amatrice, si è svolta la cerimonia di commemorazione per il trentunesimo anniversario della morte del Vice Brigadiere Gerardo Catena, deceduto nel 1992 presso il lago di Massaciuccoli in provincia di Lucca, nell’eroico tentativo di salvare il proprio Ufficiale in procinto di annegare.

Alla cerimonia, oltre alla mamma Vittoria, i fratelli Fabrizio e Stefano, hanno presenziato anche alcuni cugini, cittadini comuni, il sindaco di Amatrice Giorgio Cortellesi, il consigliere regionale Sergio Pirozzi, il Colonello Bruno Bellini Comandante Provinciale dei Carabinieri di Rieti, il Comandante della Stazione Carabinieri di Amatrice Maresciallo Capo Francesco Simeoni, rappresentanze del Gruppo Carabinieri Forestali di Rieti, dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Cittaducale e dell’Associazione Nazionale Forestali.

È stato reso omaggio al militare sepolto nella cappella di famiglia nel cimitero di Scai, località della quale il militare era originario, con la deposizione di una composizione floreale e la lettura della motivazione con la quale al militare è stata conferita la medaglia d’Oro al Valor Civile, successivamente è stata celebrata una messa in suffragio dal parroco don Giuseppe Marrone.

Nel salutare i parenti, il Colonnello Bellini ha sottolineato come il sacrificio del Vice Brigadiere Catena sia oggi più che mai un simbolo dell’altissimo senso del dovere, di altruismo fino all’estremo sacrificio che è insito nel profilo di ogni militare dell’Arma. Anche il Sindaco Cortellesi ha espresso commosse parole di apprezzamento per l’eroico gesto.

Il Vice Brigadiere Gerardo Catena, nato a Roma il 27 febbraio 1967, il 4 settembre del 1991 era a diporto sul lago di Massaciuccoli in provincia di Lucca. Caduto in acqua per l’improvviso capovolgimento del natante sul quale si trovava con altre persone, guadagnava a nuoto la riva ma, avvedutosi che il proprio Ufficiale era in procinto di annegare, non esitava a tornare in acqua per raggiungerlo a nuoto. Stremato, veniva travolto dalle onde, perdendo la vita assieme all’Ufficiale e ad un altro soccorritore.
Per l’eroico gesto, in data 19 maggio 1992, con Decreto del Presidente della Repubblica, è stato insignito di Medaglia d’Oro al Valore Civile alla Memoria.

Ogni 24 del mese una Messa per ricordare

Giovedì 24 marzo alle ore 18, presso la chiesa di Santa Barbara in Agro nel quartiere Chiesa Nuova di Rieti, sarà celebrata una Santa Messa in suffragio delle vittime del sisma che ha colpito il Centro Italia il 24 agosto 2016.

La celebrazione diverrà un appuntamento fisso di ogni 24 del mese.

«Sarà un modo per ricordare quanti non ci sono più e insieme chiedere al Signore il sostegno per la vita che continua», spiega il parroco don Fabrizio Borrello.

«Non si può cancellare il dolore che provoca l’assenza dei propri cari, ma la memoria può confortare e illuminare il cammino».

Cinque anni dal sisma, ecco il programma delle commemorazioni

Amatrice ed Accumoli si preparano a ricordare le vittime del terremoto del 2016 con una serie di celebrazioni e veglie di preghiera.

Veglie Notturne

Ad Accumoli la veglia di preghiera si terrà a Grisciano a partire dalle ore 21.

Ad Amatrice la veglia di preghiera comincerà alle 2:30 per culminare alle 3:36 con la lettura dei nomi delle vittime. Al termine della celebrazione verranno consegnati ai partecipanti dei lumini da accendere privatamente.

Sante Messe

La celebrazione della Santa Messa ad Amatrice del giorno 24 agosto verrà celebrata dal vescovo Domenico Pompili alla presenza del Presidente del Consiglio Mario Draghi e seguirà regole simili: presso il campo di calcio saranno ammesse massimo 600 persone, l’apertura dell’area è prevista per le 9.30 e sarà obbligatorio l’uso della mascherina. Per i partecipanti alla Santa Messa, considerata la chiusura di tutte le attività per lutto cittadino, sarà a disposizione un punto ristoro con acqua e panini a cura del Comune di Amatrice, della Croce Rossa, della Caritas, della Pro-Loco Amatrice e della ASD Amatrice.

Ad Accumoli la Santa Messa presieduta dal vescovo Domenico si terrà alle ore 17 nell’Area Sae del paese.

Premio di Laurea Andrea Tomei: tutto pronto per la quarta edizione

È ormai giunto alla quarta edizione il premio di Laurea Magistrale dedicato ad Andrea Tomei, giovane amatriciano vittima del sisma del 2016, socio della sezione di Amatrice ed appassionato cultore dell’ambiente montano e delle terre alte. Infatti Andrea è stato colui che ha nella frazione di Preta aveva contribuito alla creazione di un orto botanico collaborando assieme al prof. Giancarlo Tondi. Inoltre era anche operatore del gruppo sezionale TAM (Tutela Ambiente Montano).

Il premio, istituito nel 2018 ed assegnato ogni anno, è organizzato dal dipartimento DAFNE (Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali) dell’Università degli Studi della Tuscia, dal gruppo Regionale CAI Lazio, dal gruppo TAM CAI Lazio e dalla Sezione CAI di Amatrice. Da quest’anno ci sarà una novità al premio ovvero un allargamento della platea dei partecipanti.

Infatti, grazie ad un finanziamento proveniente proprio dalla Sezione amatriciana del CAI, saranno tre le tesi di Laura Magistrale premiate inerenti la “Conservazione e Restauro dell’Ambiente e delle Foreste (Classe LM-73)” discusse nell’anno 2020. A giudicare gli elaborati sarà una commissione composta da 5 componenti di cui un membro della TAM regionale e due membri del CAI di Amatrice.

Le premiazioni del concorso avverranno nel mese di settembre, durante la sessione di laurea, presso il dipartimento DAFNE dell’Università della Tuscia a Viterbo.

La Messa in ricordo del sisma, il vescovo: «Occorre una visione d’insieme, senza cadere nell’ingenuità di cavarsela da soli»

Un palazzetto dello sport di Amatrice pieno in ogni ordine di posto accoglie la messa solenne in memoria delle vittime del terremoto di Amatrice. Paramenti rossi per i tanti celebranti, in segno della Passione di Cristo e dei martiri, proprio come quelli periti su questa terra ferita.

Non mancano lacrime, a tre anni dal sisma, ma non mancano neppure segnali di speranza, che albergano nelle grida dei bambini, qualcuno in carrozzina, qualcuno che gironzola accanto ai genitori, inconsapevole, forse, di quanto accaduto.

Dopo la veglia della lunga notte, vissuta in intimità, la messa solenne vede la presenza di autorità civili, religiose e militari, con il coro parrocchiale locale che canta, con le composizioni anch’esse rosse, anch’esse a simboleggiare il troppo sangue versato. Con i soccorritori che quella notte e nei giorni successivi rischiarono la loro stessa vita per metterne in salvo altre.

«L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo», ha detto il vescovo Domenico nell’omelia citanto il libro dell’Apocalisse che «non indulge a scenari apocalittici, ma – al contrario – concentra la sua attenzione su una città che annuncia il superamento del mondo attuale. Gerusalemme, dunque, diventa il simbolo di un mondo nuovo e allontana lo sguardo da un mondo vecchio e ormai anacronistico».

La riflessione, a tre anni dal terremoto, in cui gli occhi sono «comprensibilmente centrati sui ritardi della ricostruzione, sullo spopolamento, su una burocrazia che non conosce deroga, sul disamore che si intravvede rispetto a questa bellissima terra. Questo è il mondo vecchio. Non basta però quest’analisi indiscutibile. Occorre un’altra cosa: ci vuole una visione. Questo è il mondo nuovo. A dire il vero, più che una visione in questi tre anni sono prevalsi ‘punti di vista’ diversi, anche a motivo dell’alternarsi di Governi, di responsabilità personali, di varia umanità. E la tendenza ogni volta è stata quella di ricominciare daccapo, nel modo esattamente contrario a chi è venuto prima. L’effetto inevitabilmente non poteva essere che lo stallo. Senza un progetto, cioè senza un respiro lungo non si va da nessuna parte. E come si vede, proprio in questi giorni, l’Italia stessa boccheggia».

«Più che una visione in questi tre anni si è fatta strada una certa confusione – prosegue monsignor Pompili – perchè se manca uno sguardo condiviso si spegne anche l’entusiasmo, passata l’adrenalina dell’emergenza. Sapere, ad esempio, cosa fare delle cosiddette “aree interne” del Paese è un modo concreto per fare chiarezza rispetto ad un contesto che va rigenerato non per ostinazione, ma per necessità. Perché l’Italia senza i borghi dell’Appennino non è più la stessa. Occorre però che su questa priorità si converga quando si decide di infrastrutture, servizi sociali, opportunità culturali».

Il bilancio è quello di una situazione confusa, incerta, che ha portato anche a casi di egoismo: «Più che una visione in questi tre anni si è affermata una limitazione che coincide con il proprio particulare. L’ingenuità di cavarsela da soli, peraltro, è figlia di una mentalità diffusa: quella del prima io, che porta a non prendersi cura dell’insieme. Il rarefarsi della socialità, a dispetto dei social, è l’esito triste del restringimento mentale degli individui. E quando vien meno il campo largo sulla realtà la capacità di resistere scompare. Ritrovare una visione, è l’unica strada per sottrarsi alla paralisi di un’analisi senza speranza. Lo dobbiamo non solo ai nostri figli, ma anche a quelli che non sono più tra noi. La domanda vera, infatti, non è Da dove vieni?, quanto Dove vai?».

Scatta l’applauso, scendono le lacrime. Si spera, anche riflessioni che possano aiutare a superare la rabbia, tendendosi la mano.

La notte di memoria di Amatrice, il vescovo: «Se viene meno la fiducia reciproca il cammino non si riprende mai»

Amatrice sceglie il silenzio nella notte. A tre anni dal ricordo di quella raggelante seppur estiva nottata del 24 agosto 2016, la comunità del paese reatino più colpito in termini di vittime si stringe nel ricordo delle 238 vite spezzate dalle macerie del terremoto.

È una lunga e triste notte, cadenzata dai rintocchi di campana che rimbombano tra le lacrime nel vuoto lasciato dalle case, e in quello incolmabile lasciato dalle morti.

Tante, tantissime morti, tanti nomi letti ad uno ad uno, perchè la memoria non si disperda, ma anzi diventi seme per il futuro, perchè quanto accaduto non accada più, e serva da monito per tutti.

Si legge il Vangelo, si ascolta del mendicante cieco Bartimeo, che incontra il Maestro lungo la strada. Il vescovo Domenico durante la sua omelia parte da quel mendicante, citando un’antica tradizione indù che dice come la vita si sussegua «attraverso quattro stagioni: nella prima si impara, nella seconda si insegna e si fa servizio, nella terza si va nel bosco nel silenzio del rispensamento e nell’ultima si mendica».

Si mendica, come quel mendicante menomato e avvolto nel suo pesante e logoro mantello che Gesù incontra andando verso Gerusalemme.

«Mendicare è stata l’esperienza del tutto improvvisa che la comunità di Amatrice ha fatto nel bel mezzo di una notte d’estate, in una serata leggiadra, serena, distesa, una festa che nessuno poteva pensare si sarebbe così tragicamnete interrotta», dice monsignor Pompili.

«E così, – prosegue – senza avere neppure il tempo di pensarci abbiamo dovuto imparare a mendicare. Tuttavia questo mendicante, che ci appare inizialmente immobilizzato lungo la strada, appena incontra il Maestro riacquista vitalità, e si mette a seguirlo».

E accadono tre cose.

All’inizio infatti, Bartimeo sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare. Grida, e grida così forte che tutti cercarono di farlo tacere, «perchè tutti ci impogono di non gridare, di non disturbare, eppure il nostro io viene fuori solo gridando, proprio come nel momento in cui veniamo al mondo, in cui gridiamo per far sentire che ci siamo, e con tutti noi stessi»

Il vescovo ricorda le grida di dolore di quei primi sconvolgenti momenti, ma anche le grida diverse, manifestate in altro modo, di questi tre anni. «Abbiamo continuato a gridare, ma queste grida sono state ben diverse dalla rabbia: era un grido espressione di se stessi a dispetto della condizione che ci circondava, perchè finchè si grida c’è sempre un segnale di speranza».

Poi il secondo momento di quell’incontro casuale con il povero Bartimeo, nel quale Gesù invece di chiamarlo personalmente, usa come intermediari coloro che volevano azzittirlo.

«Gesù chiede la mediazione dei suoi amici, perchè solo attraverso la fiducia verso gli altri, dalla condizione di mendicanti e dalla forzata immobilità che ne deriva possiamo rimetterci in cammino. Sì, perchè c’è bisogno della fiducia degli uni verso gli altri altrimenti il cammino se viene meno la fiducia reciproca non si riprende mai».

Monsignor Pompili ricorda i primi momenti, quelli dell’emergenza, quelli in cui si cercava di capire cosa fare, e cosa sarebbe stato. Eppure, pur nella difficoltà, ricorda come sia stato «un momento magico, soprattutto all’inizio, quando ci ritrovavamo insieme a mangiare sotto lo stesso tendone, fuori dalle nostre stagne paratie, uniti nel comune momento doloroso, costretti per forza a vivere di fiducia e di aiuto dell’uno verso gi altri. Poi, purtroppo, la fiducia istintiva dei primi momenti ha lasciato spazio all’atteggiamento abituale, fatto di sospetto, di giudizio e di pregiudizio».

E poi, l’ultimo passo della storia di quell’incontro sulla strada di Gerusalemme. Dopo il grido e la fiducia, la parola che Gesù rivolge al mendicante, ormai libero dal suo mantello, dal suo fardello, che ha superato la paura e si è spinto verso l’altro.

Va’, la tua fede ti ha salvato, gli dice Gesù, e fa comprendere che la sua vita riprende, e così la sua vita, «un cammino che si impara solo camminando».

«Queste tre cose: il grido, la fiducia e l’essere per la via, ci servono come il pane per poter attraversare la strada che abbiamo davanti, e dobbiamo avere la consapevolezza che a noi è tornato in sorte di essere come Mosè, che anche ormai anziano non smette di essere curioso, di essere condottiero del popolo pur senza mai arrivare alla Terra Promessa».

«Forse neppure molti di noi arriveranno alla Terra Promessa dell’Amatrice ricostruita – conclude il vescovo – ma ci è chiesto un sussulto di generosità: saper portare avanti questo cammino impervio per quelli che potranno vedere con i propri occhi la rinascita, ma anche per non rendere inutile il sacrificio di quanti non sono presenti questa notte».

I semi di pace di Illica trasformano le spine in fiori

Illica, frazione di Accumoli, era vissuta durante l’anno da pochissimi abitanti, qualche famiglia e poco più. Ma durante l’estate, soprattutto ad agosto, quando i vacanzieri tornavano a popolarla, sapeva dar vita a manifestazioni vivaci e folcloristiche, piccole ma animate da grande entusiasmo e gioia di stare insieme.

Fu proprio nel pieno di quel periodo di ripopolamento estivo che arrivò con la sua furia distruttrice il devastante terremoto del 24 agosto 2016, radendo la piccola frazione totalmente al suolo.

Nella sera del terzo anniversario del sisma, la piccola comunità ha voluto riunirsi all’aperto «in una serata di pace» per ricordare quelle tragica notte e le cinque vittime morte sotto le macerie di Illica: Giovanni Canestraro, Ana Huete Aguilar, Vinicio Valentini, Dina Bordo e Assunta Valeri.

Allestito come originale altare, al centro della spianata, un piccolo allestimento scenografico che conduce al crocifisso. Una stradina in salita, tortuosa, minaccianda da spine e rovi, a simboleggiare le difficoltà che ogni giorno le persone affrontano in questi luoghi.

«Eppure – ha detto il parroco don Stanislao Puzio – è proprio in questo percorso ad ostacoli al centro di questo deserto che dobbiamo trovare i semi di pace. L’anno scorso parlammo di paura, quest’anno invece vogliamo andare oltre, e parlare di pace, amore, grazia e voglia di andare avanti, perchè nel turbamento dell’incertezza del futuro saranno solo questi sentimenti a salvarci, con l’aiuto del Signore».

Dopo la preghiera e il silenzioso raccoglimento, quella via lastricata di rovi posizionata tra i banchi all’aperto cambia radicalmente aspetto. «Se qualcuno dopo questa serata dirà che qui a Illica faceva freddo – dice don Stanislao -, le api laboriose non saranno certo d’accordo, diranno anzi che faceva caldo perchè erano solo in cinque, e dovevano fare più del dovuto».

E nella notte di Illica si fanno largo i colori sgargianti dei costumi di cinque bambine travestite da api, con le loro alette luccicanti, le antennine e le righe gialle e nere. Vivaci, operose e attive proprio come cinque giovani apette alle quali è affidato il gravoso compito di rimettere in piedi un intero alveare, le bambine hanno trasformato quella tortuosa via piena di spine in una sgargiante via fiorita.

Ciascuna con il proprio vaso variopinto in mano, in pochi minuti le apette hanno saputo capovolgere l’aspetto della via in salita: pur sempre in salita, ma ora cosparsa di colorata dolcezza, di musica e di miele.

A conclusione, il vescovo Domenico ha portato il proprio pensiero alle persone raccolte in preghiera, ricordando l’esempio di san Benedetto, «nato a soli pochi chilometri da qui, in un’epoca storica non meno difficile della nostra, devastata a suo tempo sia dal terremoto, ma anche dalle invasioni dei barbari e da tante altre calamità. Un uomo che, nonostante tutto questo, da qui ha fatto partire la ricostruzione dell’Europa».

Ora et labora, diceva san Benedetto. «Ma aggiungeva ancora qualcosa», ha detto monsignor Pompili. «San Benedetto diceva infatti prega, lavora e non lasciarti contristare: il senso di questo percorso fiorito è proprio questo, di non lasciarci mai contristare, perchè se questo accade anche la nostra capacità di resistenza e di creatività viene meno».

 

 

 

 

È il momento della memoria: le liturgie per il terzo anniversario del sisma

Il 23 e il 24 agosto il vescovo Domenico presiederà le liturgie in occasione dell’anniversario del terremoto del 2016. Come di consueto, il silenzio e la riflessione caratterizzeranno la veglia di preghiera in memoria dei caduti che si svolgerà presso il palazzetto dello sport di Amatrice.

Le porte dell’edificio saranno aperte poco dopo la mezzanotte e la veglia avrà inizio alle 1,30 del 24 agosto. Attorno alle 2,30 del mattino i convenuti attraverseranno il corso del paese in processione. Alle 3,36, nei pressi della chiesa di Sant’Agostino, avrà luogo la lettura dei nomi delle 238 vittime, accompagnati da altrettanti rintocchi di campana. Ci si recherà quindi nei pressi del Memoriale dei caduti per la preghiera conclusiva.

La veglia ad Amatrice sarà anticipata da una liturgia nella frazione di Illica, nel comune di Accumoli: una “serata di pace” che avrà inizio alle 21,15 del 23 agosto.

Alle ore 11 del 24 agosto il vescovo presiederà la celebrazione eucaristica presso il palazzetto dello sport di Amatrice. La celebrazione sarà trasmessa in diretta da Rai Uno.

Alle ore 17 monsignor Pompili presiederà la messa nell’area Sae di Accumoli.

Il 24 agosto alle 17, Cittareale ricorderà con la Santa Messa presso San Silvestro, Sabatino Giamogante, cittarealese vittima del sisma del 24 agosto 2016.

Cittareale celebra il terzo anniversario del sisma tra memoria e futuro

Il 24 agosto alle ore 17.00, Cittareale ricorda con una Santa Messa presso San Silvestro, Sabatino Giamogante, cittarealese vittima del sisma del 24 agosto 2016.

Alle ore 15.00 in località Selvarotonda, si svolgerà la consegna dei lavori del terminal turistico di Selvarotonda.

Saranno presenti rappresentanti della Regione Lazio, il Commissario al Sisma Piero Farabollini e il vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili.

«Sarà semplicemente un momento di riflessione e di riappropriazione di uno spazio che torna fruibile alla comunità dopo il terremoto, grazie al lavoro delle istituzioni in particolare della Regione Lazio e dell’Ufficio Speciale per la Ricostruzione – dichiara il sindaco di Cittareale Francesco Nelli – un momento di speranza e di ripartenza in un giorno che resta dedicato al ricordo e alla memoria delle vittime del sisma».