Accumoli oggi e domani, riqualificazione e rilancio

Un processo di ricostruzione complessivo e partecipazione da parte dei cittadini: questi i due temi guida su cui si è sviluppato, durante il pomeriggio di lunedì 1 giugno, il forum “Accumoli oggi e domani, riqualificazione e rilancio” organizzato in videoconferenza dalle associazioni “Radici Accumolesi”, “Accumoli in marcia” e “Laga insieme”.

Molti gli attori che hanno preso parte al dibattito, dalle istituzioni ai piccoli imprenditori, uniti per cercare un nuovo modello di rinascita per il territorio. «È necessario creare un contenitore che contenga suggerimenti e una cabina di regia che selezioni idee» ha esordito Renzo Colucci, presidente dell’associazione “Radici Accumolesi”, sottolineando come la popolazione debba essere costantemente informata sull’avanzamento delle opere di urbanizzazione. «Nell’ultimo periodo sono stati fatti passi importanti per la ricostruzione. Ma occorre snellire le procedure per evitare tempi di attesa troppo lunghi» ha concluso.

Una ripartenza che quindi deve abbracciare diversi settori: dall’agricoltura all’allevamento, passando per il turismo e l’artigianato. Uno sguardo al passato, con il recupero del tessuto sociale, e un occhio al futuro tramite la ricerca delle università e le realtà aziendali che hanno deciso di investire in questo territorio.

«Per ricostruire a livello economico è necessario aprirsi al mondo esterno, facendo diventare il territorio appetibile e accogliente per le nuove domiciliazioni» ha affermato il sindaco di Accumoli, Franca D’Angeli, che ha posto l’accento anche sull’importanza della ricostruzione del tessuto sociale.

Due i punti toccati dall’assessore Di Berardino in merito alla ricostruzione: da una parte definire con chiarezza quali siano i compiti che ogni soggetto deve svolgere, che andranno poi sottoposti all’attenzione dei cittadini; dall’altra avere una visione d’insieme affinché «non ci siano progetti sganciati l’uno dall’altro ma una strategia univoca delle aree interne».

Sulla stessa lunghezza d’onda, anche il neo commissario straordinario per la ricostruzione, Giovanni Legnini. «Per poter partire occorre prima effettuare una serie di decisioni su chi deve fare che cosa. Il programma straordinario di ricostruzione può aiutare e far in modo che le decisioni di ciascuno convergano in un unico obiettivo. Per vincere una sfida cosi impegnativa occorre che le decisioni di ciascuno siano tra loro allineate perché non ci può essere ricostruzione senza un programma di rinascita economico e sociale».

A questo punto, la parola è passata a tutti quegli attori che vivono direttamente nel luogo o che portano il loro contributo attraverso le loro associazioni o iniziative, come la “scuola di maratona” di Vittorio Veneto o “Accumoli in Marcia” che hanno come scopo quello di promuovere il territorio italiano attraverso il turismo sportivo.

Di rilievo è sicuramente anche l’impegno di due università, quella di Krems e La Sapienza di Roma. Il decano Christian Hanus ha spiegato che l’ateneo austriaco sta sviluppando diversi progetti legati ad Accumoli. Primo su tutti quello di uno “strategic partneshi Erasums” , programma di scambio con il fine di «ricostruire la struttura sociale, culturale e religiosa attraverso la partecipazioni multidisciplinare che mira a sviluppare concetti educativi per studenti e professionisti».

Anche il professor Tommaso Empler della facoltà di architettura dell’università Sapienza di Roma ha sottolineato l’impegno dell’ateneo nei confronti della cittadina tramite pubblicazioni e «un’unità di ricerca con volontà di ragione sul territorio di Accumoli, per poter individuare proposte metodologiche e soluzioni da proporre».

Progetti lungimiranti e notevoli che collimano, però, con le esperienze di chi ha investito in prima persona sul luogo e ha potuto toccare con mano tutte le difficoltà che un territorio terremotato pone nei confronti di chi ha deciso di restare. In questo senso l’imprenditore Eugenio Rendina è intervenuto con un vero e proprio appello «oggi serve costruire qualcosa di buono: come produttore trovo tanti impedimenti in una burocrazia che non è snella e i cui decreti cozzano gli uni con gli altri. Per evitare che le aziende vadano via, bisogna sbrigarsi a dare aiuti concreti».
Dello stesso avviso anche l’imprenditrice agricola Julia Antonucci. «Investire ad Accumoli e avviare un’attività è stato veramente molto difficile. Se non fosse stato per la forte passione per coraggio oggi non saremmo qui. Ma non basta avere coraggio per andare avanti, ci si deve concentrare su una ricostruzione reale».

Come risposta, sia i presidenti della Fondazione Varrone, della CNA e di Coldiretti Rieti, hanno rimarcato il loro impegno, ognuno nel proprio campo, nel sostegno dei luoghi delle aree interne. Il dottor D’Onofrio ha annunciato che tra settembre e ottobre saranno nuovamente visibili le opere recuperate dopo il sisma, come continuazione del progetto Varrone Lab. Enza Bufacchi ha sottolineto come la CNA abbia sempre creduto in una ricostruzione partecipata, sostenendo, ad esempio, il progetto di ricostruzione della località Collespada e Alan Risolo si è detto vicino agli allevatori nella ripresa strutturale e funzionale.

Da tutti i numerosi interventi, è emersa una grande voglia di ricominciare, sia attraverso le opere di ricostruzione che attraverso attività ludiche, sportive e culturali. Quello che tutti hanno evidenziato, si può riassumere, in conclusione, con le parole del professor Augusto Ciuffetti dell’università Politecnica delle Marche «Serve un progetto complessivo di ricostruzione. Bisogna avere la forza di andare oltre le singole comunità e ragionare su tutto il territorio della dorsale appenninica altrimenti si corre il rischio di fare tanti progetti frazionati e deboli. Non servono i grandi progetti calati dall’alto, bisogna ripartire dai caratteri originari del un territorio indicati dalla storia».

Foto fb Accumoli in marcia

Sisma: Confartigianato riaccende la luce sulla ricostruzione che non c’è

Con i saluti di Vincenzo Regnini, Presidente della CCIAA, Claudia Chiarinelli, in rappresentanza della Provincia di Rieti, e Daniele Sinibaldi, vicesindaco del Comune capoluogo, si sono aperti i lavori nella sala convegni della Camera di Commercio, gremita di partecipanti tra imprenditori, professionisti, cittadini, rappresentanti delle forze politiche e delle parti sociali.

Ha introdotto i lavori il Direttore di Confartigianato Imprese Rieti, Maurizio Aluffi, che ha evidenziato le difficoltà in cui ancora versano i territori colpiti dal terremoto:

«Purtroppo siamo come eravamo tre anni fa, perché una ricostruzione vera manca ancora. Nel tempo abbiamo ricevuto promesse e rassicurazioni. Certamente tante cose sono state fatte, ma mancano le risposte più essenziali, la ricostruzione di case, uffici pubblici, attività economiche e monumenti, quelle cose che rappresentano intere comunità e che sostanziano la coesione sociale di quei luoghi”. Insomma mancano segnali di speranza concreta. Il Direttore di Confartigianato ha altresì denunciato la complessità burocratica che rallenta, e finisce per affossare, la ricostruzione. “Il tempo passa e le speranze si affievoliscono – ha rincarato Aluffi – oggi mi domando se interessa davvero che la gente rimanga nei nostri borghi, nelle nostre montagne, oppure se c’è un qualche interesse nell’accelerare uno spopolamento che minaccia, già prima del sisma, questi territori. Speriamo che non sia troppo tardi».

Gianluca Loffredo, Coordinatore Comitato Geosismica, ha illustrato i contenuti del DL 123/2019, entrato in vigore lo scorso 23 dicembre, recante “disposizioni urgenti per l’accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici”. Evidenziando criticità e opportunità mancate, ha sottolineato l’inutilità di procedure troppo restrittive: «Qui non siamo in una grande città, parliamo di un territorio tendente allo spopolamento, dove la speculazione edilizia non ha ragione di esistere. Invitiamo invece la Regione Lazio ad aderire a protocolli di sostenibilità, volti a incentivare una ricostruzione il più possibile green».

Incalzanti gli interventi di Sergio Pirozzi, ex sindaco di Amatrice e oggi consigliere regionale, e di Paolo Trancassini, ex sindaco di Leonessa e oggi membro del Parlamento. Il primo si è soffermato sul tema dei tempi: «Durante l’emergenza sono stati costruiti ponti in 7 giorni, varianti in 15 giorni, allestito a tempo record uno spazio dove trapiantare le attività economiche essenziali a garantire un minimo di vivibilità per chi ha scelto di restare nei luoghi del sisma. Anche la scuola è stata completamente ricostruita in due anni. Tutto questo perché abbiamo lavorato in deroga. Invece per altri edifici pubblici, come l’ospedale o l’istituto alberghiero, è pronto il progetto ma non è stata ancora fatta la gara d’appalto. La ricostruzione privata sta a poco più del 4%. È chiaro che qualcosa non funziona nel sistema autorizzativo ordinario».

Paolo Trancassini ha invece posto l’attenzione sulla necessità di una politica più matura, capace di calarsi sul territorio e in grado di “cucire vestiti su misura” per i territori del sisma, non solo del Lazio, che sono tutti diversi, con vocazioni e necessità differenti.

«Passata la paura di morire, è arrivata la paura di non avere un futuro. La differenza l’ha fatta chi ha avuto la forza di ricominciare a fare impresa, chi ha rimesso in moto il muletto o riaperto una stalla. La differenza l’ha fatta il coraggio. Come amministrazione comunale ci siamo presi la responsabilità di emettere delle ordinanze per la messa in sicurezza degli edifici, facendo lavorare a rotazione tutte le imprese di Leonessa».

«Da questa ricostruzione – ha concluso Trancassini – ci aspettiamo un maggior rispetto per il ruolo dei sindaci, ma anche che si alzi finalmente il livello sia della politica che del sistema della rappresentanza».

Fabrizio Curcio, Capo Dipartimento di Casa Italia, ha posto l’attenzione sulla mancanza di visione che ha caratterizzato le risposte del Governo a tutte le emergenze che l’Italia ha affrontato storicamente. «Manca sempre una visione a lungo termine – ha dichiarato Curcio – occorre invece dare delle regole per gestire e pianificare non solo l’emergenza, ma anche quello che viene dopo. Dobbiamo assicurare ai cittadini lo stesso livello di ricostruzione, seppur con strumenti diversi, basati sulle peculiarità del territorio. La semplificazione in questo contesto diventa essenziale, un tema che deve coinvolgere anche l’ordinario, per poter far ripartire anche le opere pubbliche, che oggi sono ferme».

A conclusione del convegno è intervenuto Claudio Di Berardino, assessore della Regione Lazio per il lavoro, nuovi diritti e la ricostruzione. In disaccordo con il titolo del convegno, ha invece parlato di una «ricostruzione che ha bisogno di essere implementata».

«Sono convinto che queste occasioni siano momenti di riflessione e confronto, per esaminare le questioni che non funzionano e, ognuno per le proprie responsabilità, affrontare le cose che non vanno, facendo emergere ruoli e competenze. Spero sia l’occasione per aprire un dialogo anche con gli ordini professionali, con l’obiettivo di stabilire insieme tempi certi di presentazione dei progetti di ricostruzione. Inoltre, è nostra intenzione condividere pubblicamente il cronoprogramma di tutti gli interventi sul patrimonio pubblico, in accordo con i sindaci, in modo che i cittadini possano verificare l’andamento dei lavori».

Maurizio Aluffi, Direttore di Confartigianato Imprese Rieti ha chiuso i lavori del convegno rimarcando l’impegno dell’associazione ad essere vicina al mondo dell’impresa: «Riconosciamo la responsabilità di non aver sintetizzato al 100% le necessità del territorio, ma è nostra intenzione sostenere il mondo di quella piccola impresa che crea coesione sociale, lavoro e occupazione. Auspichiamo la realizzazione di un piano di ricostruzione vero e coraggioso, ispirato alle reali vocazioni del nostro tessuto produttivo».

 

Ad Accumoli si parla di beni culturali, «parte dell’identità del paese»

Si è tenuto sabato 14 settembre ad Accumoli, presso la sala “Accupoli”, il convegno “Le Pietre e la Memoria, il patrimonio culturale del territorio di Accumoli tra presente e futuro”, volto a far conoscere la bellezza delle opere presenti in queste terre sia dal punto di vista storico che da quello del recupero dopo il tragico sisma del 2016.

«Riteniamo che questo convegno sia di grande interesse per far conoscere il nostro territorio e le nostre opere d’arte, un appuntamento che serve a non dimenticare e a rivendicare la memoria» ha esordito Renzo Colucci, Presidente dell’Associazione O.D.V. Radici Accumolesi che si è inoltre rivolto alle istituzioni per un appello: «far ripartire l’economia significa dare un futuro alle generazioni che verranno, per questo vorremmo che gli enti abbiano una visione più aderente alla realtà, della nostra condizione tra sopravvivenza e baratro, affinché sappiano coniugare le esigenze di sviluppo con gli obblighi di legge».

Il sindaco Franca D’Angelo, commentando il titolo del convegno, ha posto invece l’accento sull’importanza della memoria affermando che «è vero che il terremoto ci ha tolto ma bisogna stare attento a recuperare le piccole parti perché quello che fa la differenza è la storia, elemento costitutivo dell’identità di un paese».

Ad aprire la serie di autorevoli interventi è stato l’archeologo e Funzionario della Soprintendenza A.B.A.P. Fr. Lt. Ri, Alessandro Betori, che ha illustrato la cronistoria degli interventi effettuati della Sopraintendenza volti al recupero delle macerie. A lui è seguito il contributo di un altro archeologo, Carlo Virili, che ha parlato dell’antica popolazione dei Piceni che, originariamente, abitava queste zone ponendo l’attenzione sul tema dell’identità inteso come «un processo stratificato che si crea in un percorso di memoria nel tempo, una trasformazione con dialogo dialettico tra retaggi e aggiornamenti».

Interessante l’intervento dell’archeologo Massimiliano Gasperini che ha illustrato la tecnica dei rilievi archeologici attraverso l’uso dei droni: «Il drone, che si basa sui principi della fotogrammetria, è uno strumento importante perché permette di generare un rilievo topografico scalato e tridimensionale di alta precisione con una modalità di impiego molto più velocizzata».

A seguire ha preso la parola è passata a Federica Di Napoli Rampolla, restauratrice e Funzionario della Soprintendenza A.B.A.P. Fr. Lt. Ri, che ha ricordato le fasi di lavoro della sua squadra a partire dalle prime scosse mirato a salvare le opere d’arte presenti nelle chiese. Questo patrimonio che ora è conservato sia presso la Scuola Carabinieri Forestali di Cittaducale che nella Diocesi di Rieti, «deve tornare nelle vostre chiese – ha dichiarato – dove, dopo la restaurazione dai danni del terremoto, avrete modo di tenerlo e custodirlo».

Giuseppe Cassio, storico dell’arte e Funzionario della Soprintendenza A.B.A.P. Fr. Lt. Ri ha sottolineato proprio l’importanza di avere dei luoghi di deposito per il patrimonio recuperato perché essi offrono la possibilità di schedare le opere e di studiarle tramite ricerche e comparazione. «Il patrimonio – ha concluso – fa parte dell’identità intesa come fattore inclusivo che si nutre di radici alimentate dalla terra che è l’origine del tutto, causa di cambiamento sociale e materiale, che rende affascinante e variopinto questo nostro Paese».

Don Luigi Aquilini, pro vicario generale del vescovo di Rieti, ha invece commentato l’operato dell’Ufficio diocesano per i Beni Culturali che, con il sussidio di quarantatre tecnici, ha effettuato sopralluoghi nelle chiese per progettare i lavori di messa in sicurezza e collaudo. Dopo aver espresso un pensiero di gratitudine a tutti coloro che hanno favorito l’esecuzione di questo iter, rivolgendosi all’importanza dello opere d’arte ha ricordato che «non dobbiamo solo conservare ciò che abbiamo ricevuto ma bisogna continuare a far fecondare la cultura per poi trasmetterla alle nuove generazioni».

A chiudere il convegno sono stati due interventi: quello dell’architetto Lorenzo Mattone, Funzionario della Soprintendenza A.B.A.P. Fr. Lt. Ri, che ha parlato della rimozione delle macerie e la messa in sicurezza degli edifici di tipo A e quello dell’architetto Tommaso Empler che, in chiusura, ha esposto delle proposte per la realizzazione di un museo che raccolga tutte le opere d’arte presenti in questi territori.